Alcuni ragazzi di una scuola canadese hanno espresso solidarietà a delle ragazze indossando delle gonne. “Solo perché una ragazza indossa pantaloncini corti non significa che gli uomini abbiano il diritto di parlarle male per strada”. È questo il pensiero che ha mosso il gesto di vicinanza alle ragazze di una scuola in Québec, un grande esempio di empatia all’interno di una scuola, il primo ambiente in cui si “impara a vivere” in società.
Un gruppo di studenti ha dato un grande esempio di solidarietà alle compagne di classe, sottolineando come l’abbigliamento possa essere fonte ingiustificata di comportamenti scorretti e machisti.
Il gruppo di ragazzi ha quindi deciso di frequentare le lezioni vestiti con le gonne, sotto forma di protesta contro il codice di abbigliamento. La dimostrazione che vuole essere portata avanti è che l’abbigliamento non deve essere obiettivo di scherno e scorrettezze, e che soprattutto dai vestiti non si desume l’identità o l’integrità di una persona.
“I vestiti non hanno genere, cambia la tua mentalità, chiunque può vestirsi come vuole”, ha scritto Tom Ducret-Hillman, uno di questi giovani, in un post sul suo account Instagram. “Il codice di abbigliamento è la cosa più folle che abbia mai visto e quindi dobbiamo cambiarlo! È facendo piccole cose come questa che saremo in grado di cambiare queste stupide regole”, ha aggiunto Tom. “Ehi, i vestiti sono senza genere, quindi cambia la tua mentalità! E che problema c’è a vedere un po’ di pelle?” continua il ragazzo.
Il post è corredato di fotografie che ritraggono lui e alcuni suoi compagni con le gonne. Il tutto a dimostrare che si vestono come vogliono perché non c’è nulla di male o di provocante (molestie nello specifico) nella scelta di come qualcuno vuole vestirsi.
Un altro ragazzo, Guillaume, ha postato sul suo account Instagram un altro paio di fotografie scrivendo un messaggio di solidarietà alle donne vittime di molestie. Donne, secondo il ragazzo, che non potranno mai essere incolpate di questi crimini a causa del loro abbigliamento.
“La società tratta le donne come se fossero responsabili delle azioni degli altri, quando la realtà è molto diversa”, scrive il ragazzo. “La responsabilità di questi atti ricade su chi ha compiuto l’azione e non su chi l’ha subita”.
È bello vedere una presa di coscienza e di posizione dei ragazzi nei confronti di temi che ancora oggi vanno sottovalutati e sminuiti. Nel 2023 sarebbe anche ora di parlare di come i vestiti siano solo dei tessuti che scegliamo per utilità personale e non per ricevere molestie. E sarebbe anche ora di prendere esempio da ragazzi come quelli del Québec, nell’impianto solidale del loro gesto.