In che condizioni arriverebbero le persone sulla Luna? Come giungerebbero, per esempio, su un pianeta “vicino” come Marte? Non è solamente una fantasia contenuta in un celeberrimo brano di David Bowie, e non parliamo neanche di una visionaria trasposizione cinematografica di un qualche romanzo primonovecentesco.
Le simulazioni che si effettuano da anni ci danno un concreto (triste) responso. Queste simulazioni sono vere e proprie situazioni ottenute scientificamente, anche in maniera dettagliata, basate su calcolatori di azioni, cause e conseguenze dei comportamenti umani dal punto di vista sociale e relazionale all’interno di stanze appositamente create per svolgere l’isolamento degli astronauti. Il risultato è sorprendente.
Cos’è Project Sirius?
Dal 2017 al 2019 Project Sirius, un progetto internazionale di medicina e biologia spaziale, ha condotto diverse simulazioni di viaggio interplanetario, per “osservare” in che modo la vita in isolamento si svilupperebbe e, insieme a questa, naturalmente, che tipo di meccanismi psichici si innescherebbero, oltre alle conseguenze sui ritmi biologici degli esseri umani.
Il progetto di ricerca denominato “SIRIUS-19” ha considerato il monitoraggio del comportamento di 17 diversi gruppi di umani “viaggiatori”, costretti a vivere in isolamento, simulando una vera colonia in viaggio verso altri lidi nello spazio, più plausibilmente verso Marte, e il tutto per un periodo di 120 giorni.
L’isolamento degli astronauti verso Marte
I risultati, però, non sono molto incoraggianti: quasi tutti i gruppi, con il passare delle settimane, si sono spinti in una direzione sempre più ribelle, arrivando a ridurre sensibilmente i contatti con la stazione di controllo e riducendo le comunicazioni al minimo fin quasi all’indipendenza da chi gestisce l’operazione.
«Gli equipaggi delle simulazioni hanno mostrato tutti la tendenza di ridurre le comunicazioni con la base di controllo, condividendo esigenze e problemi sempre di meno con il passare del tempo, con giusto rare eccezioni» ha spiegato Dmitry Shved, ricercatore senior della Russian Academy of Sciences, uno dei principali enti che promuovono la ricerca insieme alla NASA.
Conseguenze sui soggetti della simulazione
I risultati della simulazione conclusa fanno riflettere e mettono realmente a rischio ogni valutazione di colonizzazione di Marte. Viene naturale pensare che una missione del genere potrebbe vedere delle “prevedibili” ribellioni da parte degli astronauti.
Pur avendo scelto i soggetti interessati dalla simulazione con importanti differenze per etnia, cultura e personalità, sul lungo periodo, hanno aumentato il proprio livello di coesione e si sono comportati tutti in modo da spingersi sempre più verso l’isolamento dagli scienziati che gestiscono le operazioni.
Sicuramente resta molto difficile capire cosa potrebbe succedere in momenti di grande isolamento nel corso del viaggio lontano dalla Terra. Una simile esperienza, secondo diversi studi, potrebbero avere effetti sulla psicologia e sulle dinamiche di un potenziale gruppo di astronauti non sempre prevedibili né incoraggianti.
I risultati dettagliati dello studio sono stati pubblicati su Frontiers in Psychology, ma l’aspetto significativo resta sempre il grado di autonomia, testimoniato dalle comunicazioni. Quelle telefoniche tra equipaggio e centro di comando sono passate da un livello molto intenso a una quantità dieci volte inferiore negli ultimi dieci giorni della simulazione.
Una diminuzione del volume di comunicazione riflette il migliore adattamento dei soggetti all’isolamento a lungo termine. Inoltre, la diminuzione della comunicazione durante il periodo di isolamento è associata alla progressiva padronanza delle competenze necessarie per nella gestione della missione in tutte le sue componenti. Allo stesso modo, anche esigenze e problemi della vita e del lavoro nei propri alloggi all’interno della “navicella” vanno scemando sempre di più.